
I CASI UMANI
(Spoiler: che appellativo di merda)
Molti anni fa, quasi 16, per la precisione, per la prima volta apertamente, fui chiamata UN CASO UMANO.
Per la prima volta de visu, ma chissà quante altre volte alle spalle, di sbieco, di dietro, sarà successo. Basta un dna leggermente sotto la media. Ma a pensarci bene, in generale, basta molto meno: un comportamento, una caratteristica, una sfortuna, il caso.
(Sì lo so, il caso non esiste
(poivediamo)
A darmi l’abusato nomignolo fu nientemeno che la mia pneumologa di allora (spoiler 2: sì, poi ho cambiato centro di cura, dopo 33 anni), affacciata alla mia stanzetta di ospedale.
Nello specifico mi stava raccontando che a lei, del team, toccavano sempre i casi umani da seguire, perché era quella con più esperienza (e, per eufemismo, con il distacco adeguato dall’aspetto trascurabile in una faccenda sanitaria: la vita del paziente).
Era la primavera del 2007, io ero incinta di 3 mesi e con una polmonite bilaterale piuttosto grave —>caso umano ad honorem.
Allora feci una mezza risata con l’aiuto dell’ossigeno e decisi che sì, ci poteva stare, l’importante era uscire da quella situazione. Ed eravamo in due stavolta, per giunta.
Questa fuorviante premessa per dire che quando leggo di donne (98 % nella mia trascurabile statistica) che dal loro piedistallo (alcune ce l’hanno in dotazione sotto i piedini, è proprio di nascita, come il sangue reale) gridano strali contro i “casi umani” che hanno osato importunarle senza una valida dotazione psicofisicoeconomicosociale, mi sale un po’ il #guardatitu.
Eh si perché anche tu sei un caso umano.
Eh sì perché in una sola formuletta sdoganata da shakire che gridano di essere lupe (frustrate) sviliamo due concetti in uno.
L’umanità e l’unicità.
Possiamo essere feroci, e più siamo disconnessi più la ferocia si alimenta.
Evito di fare la psicovalerocchia e mi fermo al linguaggio.
E ora più che mai, che ogni tanto tento di dire la mia a un giovane orecchio distratto che si affaccia sul mondo mi rendo conto di quanto sia facile prendere per buoni slogan arrabbiati e ben collocati e quanto sartorialmente complesso costruirci su un pensiero a volte costellato di dubbi, condito di contraddizioni, sviato dalla lente deformante della cronaca del momento.
Sappiate comunque che, se voleste scardinare la retorica del caso umano mi offro come cavia.
Ciao caso umano! E mi volterò col sorriso.
Perché sono umana, e accidenti se sono unica.
(come tutti).