Dell’inadeguatezza,, dello smarrimento post rinascita


Sono viva. Lo respiro ogni istante, e ancora, giuro, me ne stupisco.
Vivo l’essere viva in ogni sguardo. Di mia figlia, dei familiari,,delle amiche e degli amici che piano piano ho incontrato. Senza un abbraccio ma con qualche lacrima.
Ma c’è un aspetto rognoso, per chi ha ricevuto un miracolo, come me.
Il fatto di restare ancora un essere umano, un soggetto fallibile, imperfetto, di non riuscire a fare tutto e soprattutto di deludere le aspettative.
Perché dopo una esperienza umana di tale portata ci si aspetta che si viva secondo le aspettative degli altri, in odore di santità, in un ascetismo raggiunto che non contempli moti dell’animo, arrabbiature, emozioni.
È la gratitudine, baby.
Docile, col solo compito di sopravvivenza e testimonianza.
La parte oscura attraversata, quella che ti cambia per sempre, non fa parte della narrazione
La lamentela, perché il percorso è ancora impestato, lungo, complesso, non è contemplata.
Ricorda come stavi
Non osare desiderare di più che essere al mondo.
E sapete una cosa? Hanno ragione.
La vera inadeguatezza non è il mio passo ancora incerto, l’impossibilità di andare in montagna, ma l’incapacità di maneggiare le emozioni.
Soprattutto le mie, ora, ma anche quelle degli altri.
Come calpestare margherite.
In foto, due momenti opposti, lo stesso essere umano

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