Morire

Come si impara a morire?
Quando stavo davvero male, pensavo: io non sono capace di morire.
Come si fa?
A Cosa devo pensare?


Quando capivo che la morte non la percepivo io sola ma lo staff medico, la famiglia, quando ho sentito l’ombra avvolgermi, non sapevo come fare.
Eppure qualcosa avrò fatto, per restare aggrappata alla vita.
Sapevo di amarla, ma ero anche tanto stanca. Ogni fibra era tesa e sentivo che sarebbe bastato espirare un soffio per terminare tutto.
Il buio si vede anche sotto le luci sgargianti dei led della rianimazione.
Il vuoto si sente anche sotto il soffio forte dell’ossigeno e dei bip delle macchine.
Riecheggia anche ora.
No, non ci insegnano a morire, e neppure ad accogliere la solitudine che si prova.
Ripugnante, spietata, necessaria.
Ci vorrebbe più pudore nel parlare della morte.
Soprattutto di una morte scampata.
Ma io il pudore l’ho perso per strada, in questa vita, ma ho ricevuto occhi nuovi.
Me ne accorgo mentre guido alla ricerca di una pasticceria, nella mia città che mi accorgo di amare profondamente.
Me ne accorgo nel tastare la felicità di incontrare le persone. Per caso, o perché abbiamo deciso di fare finalmente due chiacchiere leggere.
Me ne accorgo nei sorrisi sconosciuti dei passanti, nei gesti piccoli che davo per scontati.
Nella noia di un pomeriggio qualunque.
Occhi nuovi, che cambieranno ancora. Tele assorbenti di energia che restituisce ogni spasmo.
Grido muto che ritorna in conguettio al mattino, in risate la sera, in silenzio armonico con un cuore pensante

Pubblicato su blog

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