3 anni e 7 mesi

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…e sono venuta qui, per onorare un nome che sa solo il vento, ma che risuona in me ogni respiro.


Il tempo qui sulla Pietra di Bismantova è un tempo tutto suo.

Scorre, in un modo tutto suo.


Passato e presente si mescolano, le nuvole seguono le immagini della mente, minacciose o lievi, lontane, incredibilmente vicine, arrivano a corredo dei pensieri.


Se poi azzardi il silenzio,
è un silenzio tutto suo.

I rumori da valle non sono abbastanza forti da arrivare quassù.
Semplicemente, su questa piana c’è spazio solo per il tuo suono.
L’unica prepotenza è quella di una coccinella che si posa sulla mano o gli echi degli uccelli.


E in quel preciso istante realizzi quanta potenza sprigioni la minuscola gola di un volatile rispetto a un trattore sbuffante e precario grande come un’unghia.


E quanto un ronzio di un’ape, o di una mosca, sia così presente alle orecchie.

Esattamente come il vento, come solo lui sa fare.

Il mio passo


Il mio passo, in montagna, è dettato dal mio respiro, è fatto dallo sguardo quasi sempre puntato alle rocce, ai piedi che mi precedono, con qualche pausa a testa alta, per essere inondata dalla luce e dell’orizzonte.


Il mio passo è fatto di gente che mi supera, quasi scusandosi, salvo poi voltarsi a guardare la mia fatica.
Guardala adesso, la mia fatica, che è fatta di tutti i passi che mi hanno condotto fino qui, ma non è ancora abbastanza da togliermi la voglia di salire.


Il mio passo è fatto dalla pesantezza dei giorni ed è spinto dalle risate, degli stessi, identici giorni.


Il mio passo è fatto da un “insieme“, che in montagna è un concetto che si dilata e regala solitudine salvifica, consapevolezza e volontà, di adeguarsi o meno, al mio passo.


Il mio passo si trasforma in riflessione.

Anche questi pensieri ruvidi sono arrivati in salita, cadenzati con i conti che faccio ogni volta col mio respiro. I patti, i compromessi, i tradimenti.


Il mio passo lento, incerto, ostinato, osteggiato, riaffermato, tifato, tollerato, biasimato non lo cambierei, ora, con altri scarponi esperti.


Il mio passo è composto da piume e farfalle e voli leggeri e da massi inamovibili invisibili ai più.


Il mio passo soprattutto, restituisce.

Come una piccola onda generosa, quello che ho donato finora.

Io e il Professore


Per festeggiare i 3 anni e mezzo con i polmoni che sento così miei, ma che di fatto, ricordo ogni giorno, mi sono stati ceduti, sono tornata al cospetto del Professore.


Il Cusna, che per me era solo un nome fino a pochissimo tempo fa, una foto di una croce di ferro e sassi, a 2121 mt, dalle parti di Villa Minozzo, nell’amato appennino reggiano.


Non sempre sono stata degna di raggiungerlo, ogni salita mi è sembrata infinita, sfiancante, eterna.
Affrontata a testa bassa, ma ogni volta in cui ho alzato la testa, cielo e terra nel loro mix colorato mi hanno fatto sorridere.
Sono lenta, in salita
Nei cammini, nei gruppi, sono sempre la “guardiana dei culi”
Ho il mio passo da lumachina
Perché come una lumachina mi porto dietro, sempre, tutto: la mia storia clinica, la enorme fatica con tutte le cause fisiche ( polmoni in alterne fortune, che poveretti devono sempre riprendersi da qualche sfiga capitata, ipoglicemie, muscolatura difficile da costruiree mantenere, cartilagini sfilacciate, tendini provati…) e paure frenanti.
Ho uno zaino pesante che sulle spalle, ma soprattutto nella testa, un passo via l’altro, pesa, ma non è delegabile. Non esista sherpa in grado di alleggerire una testa, pompare aria, liberare l’anima

Ma vado, provo, mi fermo, sbuffo, sorrido come e quando posso, le parole le lascio fluire nella testa e lascio a riposo, se posso, le corde vocali

A volte mi dispero e mille e una volta vorrei fermarmi

Questa volta non mi sono fermata

Ho portato in vetta il mio donatore e il suo pensiero, così astratto e impalpabile, senza volto e senza nome come un vento a favore.

Io e il Professore