Arriva sempre quel momento.
In vacanza, in albergo, a cena fuori, per strada, a una sagra in cui la incontro.
La famiglia pasta al tsugo.
Ne resto incantata. La spio, cerco di ascoltarne i discorsi e ogni volta resto stupita e chissà, forse invidiosa di questa normalità.
Parole che posso prevedere, ragionamenti snorkeling, stanchezza mista a felicità di essere in ferie tutti insieme.
Due figli maschi, due anni, massimo tre di differenza. 6-8
7-10.
Abbronzati, secchi. Iperattivi. Taglio di capelli da calciatore, facce da scugnizzi che non importa la regione di provenienza. Genitori con la pancia da tranquillità emotiva ed espressione da rimandiamo ogni pensiero il lavoro il mutuo, tua madre che, tuo fratello che…
Intravvedo una complicità cementata dal passare dai 20 ai 40 anni insieme. Stessa compagnia, scherzi da animazione al matrimonio. Baacioo, baacioo. Brindisi incrociato.
Come avete fatto finora?
Vi siete accontentati? Siete stanchi? O per dire di non esserlo uscite ancora a cena a san Valentino? Quanto vi sentite responsabili di questi figli? Li avete voluti o sono capitati? Vi vedono mai litigare?
Finiscono le frasi con ammamma o appapà e nessun cecchino che gli spari in fronte.
Sono fortunati.
Lo sanno?
Ieri avranno perso la messa. Chissà se fanno dire le preghiere la sera, ai bambini. Chissà come hanno spiegato la guerra.
Il figlio piccolo urla mamma 13 volte.
Voi madri di maschi avrete occhi innamorati assicurati tutta la vita.
Quanto a volte la genetica indiretta può essere benevola.
La mamma sembra una che lascia le decisioni a lui. Che non critica. Accomodante.
Vorrei esserlo anche io.
Un po’ lo sono diventata ma del tipo fai come ti pare allora, non ascoltarmi, non del tipo si amò fai tu che sai come si fa.
Credo sia più furba lei.
O semplicemente ha ascoltato la mamma nella fine arte di adorare un marito. L’hai giurato aiddio di onorarlo. Ogni giorno.
Ogni.
Giorno.
Mavi resterà analfabeta di queste lezioni di economia sentimentale.
Dimmi come si fa, cara, ad abbracciare la vita e stare salda, immobile.
Ma poi che ne so.
Non si scruta la gente, Vale. Non si immaginano vite e clichè così, chi ti credi di essere? La famiglia goulash? La famiglia sushi? La famiglia guarda cosa c’è in frigo?
Ho davanti i nipotini del carosello, più che dei prodotti social, genteperbene, che non è vero che non si fanno le grandi domande, forse nascono già sapendo le risposte, perché le hanno ascoltate, le hanno ripetute e le hanno imparate e ora le sanno tramandare.
Io tramando dubbi, solchi, sogni ingenui, fuochi fatui.
Ogni volta che torno a casa mi ripeto che la so fare anche io, la pasta al tsugo.
È solo che non ho l’ingrediente segreto.
