La rivolta mimetizzata

Pare sia in atto una rivolta femminsta. Da ogni angolo spuntano proteste, dita alzate o puntate corazzate di politically correct, si grida nel tipico modo dei social: in silenzio e a botte di inglesismi.

Spesso l’unica vera rivolta che vedo è quella “rivolta a rivoltare” personaggi fiabeschi, frasi o immagini.

Certo, molto spesso la prevaricazione c’è. Eccome. Addirittura inconsapevole, sia da parte di chi la esercita sia, soprattutto e tristemente, da parte di chi la subisce.

Il paradosso a cui assistito è quotidiano: mi pare che la rivolta sia gridata, portata in corteo, a colori sgargianti, ma semplicemente su un muro di un colore altrettanto colorato che ne svilisce la scritta e quindi ne offusca il valore, ne copre il significato.

Donne che si appellano a quote rose, a pretendere una presenza, un ossequio o anche solo un riconoscimento, solo in quanto donne.

Come non vedere che sta proprio qui la contraddizione? Perché accontentarsi di esserci, quando non pretendere di essere chiamate per contenuto e spessore e non per il genere?

Natalia Aspesi parla di un femminismo lagnoso e vittimista e temo abbia ragione. Donne che gridano in piazza ma entro l’ora di cena, che poi il marito sbuffa se non trova pronto in tavola.

Donne che vogliono dire la loro opinione certamente competente ma poi se il fidanzato non segue il copione romantico mettono il broncio.

Quando lavoravo in una redazione completamente al maschile, oltre ad aver imparato moltissimo ed essermi divertita come non mai, dicevo allegramente al mio Direttore che fuori dalla porta, sotto il campanello c’era il mio portavagina. Che quando entravo lì non ero né donna né uomo né tantomeno femmina, che privilegi o discriminazioni riguardassero semmai il mio prodotto e mai la mia persona. Vale anche e soprattutto per la disabilità.

Ecco io quella scritta l’avrei comunque fatta in nero. Ma su un cartello, su una maglietta, non su un muro che verrà ritinteggiato magari con le mie tasse. Ma questa è una facile polemica etica che lascio al buonsenso e alla noiosa età adulta.