Se ne vanno

Oh si Signore
Lo so bene che le persone scompaiono.


Così, da un giorno all’altro scivolano come sabbia tra le mani.
L’ho visto molte volte, si.
Ma sono anche un’inguaribile ottimista.
E se sono appese a un filo, credo sempre che sia d’acciaio e la loro presa salda e tenace.
Dice che me la racconto, Signore?
Mi chiede se sia un alibi? O piuttosto una vigliaccheria?
O se invece io sia tanto pessimiata da iniziare un lungo addio, e così proteggermi, allontanandomi dalla sofferenza?


Non lo so Signore.
So che però le persone che ho perso mica se ne vanno.
Spesso con loro ho conversazioni più interessanti rispetto ai vivi.
La rabbia, dice?
Il rimpianto?
Li vede quei serbatoi?


Mi curo di rabboccare entrambi a scadenza più o meno fissa.
Ma ho imparato a coprirli. Sa, gli insetti, gli odori stantii.
Sono coperchi allegri, verniciati di rosso e di giallo. Spesso gli avventori non ne indivinano il contenuto.


Quello laggiù?
Quel campo coltivato a risate dice?
Beh si, è sterminato.
E mi sono assicurata di avere la possibilità di espanderlo a piacere.
Oh beh.
Le persone che ho perso ci ballano con me, quasi a ogni tramonto.
Perché lo sanno, che le celebro a sorrisi e non a pianti.

I pianti irrigano per un po’ ma poi il rischio è che la disperazione infesti tutto il campo ed è un attimo sa?
Come dice?
Lo stesso tempo che impiegano le persone a sparire?


Punti di vista, Signore.
Il mio campo mi aspetta. È un lavoro senza sosta, coltivare i sorrisi e le risate. Non esistono stagioni di semina e di raccolta.
È un ciclo continuo, incessante.


Faticoso?
Impegnativo ma solo a volte.
Ma la fase della selezione funziona bene. Anche se ogni tanto si inceppa. Sa, è manuale.
Scarta subito le risate finte, le persone impostate, le frasi di circostanza finiscono in quel tubo là, il tritatutto.
Ha altre domande, Signore?
Perché in genere qua, come si dice, le domande (me) le faccio io e ci metto un po’ a trovare le risposte.


Alcune, li vede quei pagliai laggiù? Ecco, in alcuni devo ancora trovarle.