R esisto

R esisto
R esisto come sono, come posso, come mi lasciano essere.
R esisto e mi sento salda, tra gente che va e viene, che mi sussurra o mi urla in faccia.
Salda in tempesta, salda in turbine di vento.
Divento di vento, R esisto e mi plasmo.
Gli attacchi li abbiamo respinti tutti.
Tutti?
Non me lo chiedo.
Le minacce fanno parte della natura piccina dell’umano, della capricciosa sorte in dote con il Dna, dei giorni implacabili che si sommano come complessi megalitici o traballanti pietre appoggiate l’una sull’altra.
R esisto come ognuno può e compie, come mi insegna tutto il vibrante attorno.
R esisto come sono, come mi sento e come raccontano.
R esisto perché è l’unico modo in cui so vivere.
Placida e affannata
Che non sa come fa.

SAMAN, la ragazza corallo


Guarda bene mamma. Non è rosso il colore del mio rossetto.
È color corallo, si intona al velo che mi hai regalato.


Non vuoi vederlo, non puoi vederlo, eppure mi dona così tanto.
Se guardi bene mamma non è proprio rosso il colore del mio sangue.


Scorre in rivoli impastato nella terra sabbiosa, è passato velocemente dalla violenza del rubino a questo corallo, ma non puoi vederlo mammma, non vuoi vederlo, da dove sei tu.


Anche le angurie che cresciamo nella terra sono corallo
Da fuori non lo diresti mai.
Come può una buccia così verde racchiudere questo colore così brillante, così diverso e ribelle. Tra questi frutti che ho conosciuto nell’unica terra che ho sentito mia.


Non lo avresti mai detto, mamma, che avresti generato una figlia color corallo, così diversa dentro da come la volevi fuori.
E se davvero tra questi filari di angurie un milione di anni fa c’era il mare, torno a essere corallo e ad appartenere a questa terra che mi ha accolto e ora mi protegge.
Il suo corallo, per sempre.

Di Carlo a terra, di Irene in cielo e della libertà intorno

Lo state ricordando in tanti, l’anniversario di oggi.
E allora lo faccio anche io.


Mi ricordo di essere tornata in redazione, probabilmente nel pomeriggio, ed essermi seduta alla scrivania, per riassumere qualcosa che la mia mente, negli anni, ha deciso di consegnare all’oblio.


Allora ero una giovane e convinta aspirante giornalista in forza al Resto del Carlino (e aspirante, per i fatti della vita, probabilmente sono rimasta), con un pochino di fretta di concludere per uscire presto per una cena con amici.

Sul sito dell’ Ansa hanno improvvisamente iniziato a scorrere, senza tregua, senza censura, senza pietà, le immagini di Carlo, a terra.


Durante le prime ore della sua morte abbiamo visto da vicinissimo i buchi, il sangue, le braccia magrissime, ma non sapevamo il nome.


Ricordo che per non Guardare il sangue che offendeva un corpo così giovane la mia testa si domandava a cosa gli servisse il rotolo di scotch da pacchi che indossava su un braccio.


Ero incredula, impaurita.
Poi ci sono stati milioni di Dibattiti, film, libri, tanto inchiostro, poche lacrime, e come spesso accade, tanti falchi politici, tanto vociare.


Non ho mai provato altro che dolore, davanti a quelle immagini rimaste impigliate negli occhi.


Oggi ho nelle orecchie la voce di una ragazzina che mi ha insegnato il valore della libertà. Di scegliere, di seguire la propria voce.

Oggi la salutiamo, con tutto il silenzio e la tenerezza che meriterebbe ogni morte.
Era attaccata all’ossigeno e conduceva la sua faticosa salita verso la libertà.


Non c’è colore, non schieramento, scelta nell’ultimo respiro.
Solo libertà.
Viva Carlo, viva Irene
Viva la libertà

L’angelo (ri)vendicatore


Ogni tanto mi tocca rivendicare il diritto di dirigere, per quanto possibile, la mia vita. Riaffermare scelte e libertà, consapevolezza e limiti.

Ad ogni rivendicazione cade una piuma, si pesta un piede, magari scappa la parolaccia

Ma fa parte del percorso
Spiegare ali e ragioni fa parte del volo


Credo che la cosa importante sia continuare a crearsi rughe a botte di sorrisi