Scendere

Scendere dalla montagna:
A volte è proprio questo il problema.
Invidio chi saltella sicuro su pietroni in discesa, senza bacchette, con fiducia, equilibrio e ginocchia flessibili.
Io ho sempre sbugiardato anche in discesa le tabelle cai, impiegando anche lo stesso tempo della salita, facendo i conti con cartilagini dolenti, equilibri precari, stanchezza e perché no, voglia di godermi finalmente il panorama.
Ma è difficile, tornare a valle.
Anche dopo un percorso accidentato e faticoso, tornare nel grembo pratoso e sicuro del quotidiano non è nè scontato né rassicurante.
Incastonarsi di nuovo in una normalità soffusa dopo gli strappi dell’ascesa, il sudore e soprattutto l’obiettivo, è estremamente faticoso.
Bisogna saperci stare, in pianura.
Perché in pianura ci sono milioni di possibilità mentre per salire bisogna solo camminare.
O arrampicarsi.
Ma la via è quella e la concentrazione è sulla fatica, o sul non sentirla.
Lo sguardo è solo avanti.
I gesti sono solo quelli.
In discesa e in piano ci si può perdere.
Ci si può distrarre, si dispone del tempo e spesso si spreca. Sopravvalutando noi e lui.
Se il tempo in salita è un baratto, in discesa è un’indulgenza.
Se in vetta avremo un panorama, a valle avremo un ritorno.
Se in cima ci attende una pausa, a fine giornata avremo un termine.
Bisogna essere capaci di scendere, di lasciare, di archiviare.
Bisogna, mentre scendiamo, saper fabbricare il ricordo.

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