Ombre elbane

Ma non vi faccio un po’ pena? Sinceramente
Io si.


Mi faccio tenerezza, a inseguire l’ombra come un vampiro, a stare sotto l’ombrellone come quei barboncini sonnecchianti e pare troppo sofferenti, a seguito di signore con il ricciolo stretto e il costume intero con le coppe rinforzate.


Perché la madrissima condannata a spalmare ogni millimetro di pelle della prole (in tal caso, da ciò che arriva ai miei poveri padiglioni auricolari, sempre uno di troppo), lo vedo, che mi pensa straniera.

La mia espressione sofferente, la pelle che rievoca l’est ma quello povero, la figlia biondo ramata al seguito le confermeranno l’astuta intuizione.

Il fatto poi che per salvare figlia da ustione certa io spruzzi la protezione 50 come se uccidessi un formicaio col ddt le starà suggerendo che NON posso essere una madre italiana.


La signora, accanto alla borsa frigo più grossa che abbia mai visto, più simile al pozzetto dentro cui mi calavo ad acchiappare il fiordifragola, 40 anni fa a Poiago, sullAppennino reggiano, non sa che, come lei, ho obbedito alla mappa delle “spiagge più belle dell’isola”.

Come me lei, e, a spanne, un altro milioncino di persone strette strette nel golfetto di Fetovaia.


La carnagione, i lividi delle gambe che sono un delizioso souvenir del ghiacciaio, urlano che qui e ora, non sarebbe propriamente il mio posto.


Mavi e motivo di imbarazzo molleggiano in un’acqua trasparente, felici dei pesci e del sole.


Io la guardo come osservo il raptor a Gardaland. Semplicemente non mi invita ad entrare.


Il sale ce l’ho già addosso di mio.


Del mare amo il vento, la tempesta, lo amo al mattino prestissimo o alla fine del tramonto. In mezzo una caldissima lunghissima attesa.


Da una spiaggia all’altra però, obietterete voi, mi posso finalmente rilassare in macchina.


Motivo di imbarazzo però lungo i tragitti mi canta all’orecchio con un”enfasi francamente molesta cose incomprensibili di cui decifro solo ” ti raggiungerò ouo ouo “.

Taccio perché polliannamente penso che potrebbe andare peggio. Potrebbe mettere su qualcosa di ritmato con fuego ritmo e corasson.

Purtroppo l’ adolescenza della pulchra è imboccata e nutrita da questi strofe imbarazzanti in un rimpallo senza tregua tra inflessione da trapper milanese a cartello messicano della coca.

E via di Che loca Puertorrrrrrico
Vamosalaplayayayaya


Sia pleonastico dire che io sono sempre felice quando mi si porta in Toscana. Un po’ perché Firenze era la terra scelta da i’ nonno, un po’ perché mentre voi cercavate di riconoscervi in Mimì aiuara o in una delle occhi di gatto io avevo battezzato il Perozzi come mio alter ego dei 4 della supercazzola
Ora lo immagino che urla ‘o si va a Procchio. E via. O si va a vvedere com’è l’ombra a Procchio.


( nella foto vi mostro che ho i piedi brutti come quelli della Ferragni ed è l’unica cosa che abbiamo in comune)😅

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