Lo state ricordando in tanti, l’anniversario di oggi.
E allora lo faccio anche io.
Mi ricordo di essere tornata in redazione, probabilmente nel pomeriggio, ed essermi seduta alla scrivania, per riassumere qualcosa che la mia mente, negli anni, ha deciso di consegnare all’oblio.
Allora ero una giovane e convinta aspirante giornalista in forza al Resto del Carlino (e aspirante, per i fatti della vita, probabilmente sono rimasta), con un pochino di fretta di concludere per uscire presto per una cena con amici.
Sul sito dell’ Ansa hanno improvvisamente iniziato a scorrere, senza tregua, senza censura, senza pietà, le immagini di Carlo, a terra.
Durante le prime ore della sua morte abbiamo visto da vicinissimo i buchi, il sangue, le braccia magrissime, ma non sapevamo il nome.
Ricordo che per non Guardare il sangue che offendeva un corpo così giovane la mia testa si domandava a cosa gli servisse il rotolo di scotch da pacchi che indossava su un braccio.
Ero incredula, impaurita.
Poi ci sono stati milioni di Dibattiti, film, libri, tanto inchiostro, poche lacrime, e come spesso accade, tanti falchi politici, tanto vociare.
Non ho mai provato altro che dolore, davanti a quelle immagini rimaste impigliate negli occhi.
Oggi ho nelle orecchie la voce di una ragazzina che mi ha insegnato il valore della libertà. Di scegliere, di seguire la propria voce.
Oggi la salutiamo, con tutto il silenzio e la tenerezza che meriterebbe ogni morte.
Era attaccata all’ossigeno e conduceva la sua faticosa salita verso la libertà.
Non c’è colore, non schieramento, scelta nell’ultimo respiro.
Solo libertà.
Viva Carlo, viva Irene
Viva la libertà
